di Giuseppe Maria Tinnirello
“Adesso basta, come al solito l’amministrazione comunale arriva in ritardo sulle decisioni già prese dall’Eni, bisogna che si informi per tempo sulle sue reali intenzioni. Voglio sperare che stavolta quello del sindaco e della sua amministrazione sia un intervento forte, mirato ad evitare che l’Eni chiuda i battenti e vada via da Gela, sarebbe un vero disastro per Gela e per i 3.500 lavoratori che si troverebbero sul lastrico dall’oggi al domani”. Non usa mezze parole il presidente dell’associazione Cittadini per la giustizia nonché rappresentante locale del Nuovo centrodestra, Lucio Greco, lui che anche per la professione legale che esercita in città conosce le difficoltà di tante famiglie gelesi che vivono grazie allo stabilimento, “’u stabilimentu” come viene denominato qui a Gela. Da qualche giorno i lavoratori dell’indotto, Smim e Tucan, stazionano davanti ai cancelli per bloccarne l’ingresso, con la sola eccezione del cambio di turno per evitare disagi sul versante della sicurezza in fabbrica. Sarebbero dovuti confluire in Sicilsaldo ed Ergomeccanica, in base all’accordo stipulato più di un mese fa davanti al prefetto Carmine Valente, ma così non è stato. Ora la doccia fredda – per la verità già preannunciata sulle colonne di questo giornale il 19 giugno scorso e proprio in occasione dell’accordo sull’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale concessa dal ministero dell’Ambiente all’Eni – paventata dai sindacati, della volontà dell’Eni di chiudere i rubinetti della produzione a Gela. A fronte di questa ipotesi il gelese presidente della Regione Rosario Crocetta, che non esclude il blocco totale delle autorizzazioni estrattive petrolifere, ha dichiarato oggi: “Non consentirò all’Eni di prendersi il petrolio per poi farlo lavorare altrove”. “Non si può sottostare – rincara la dose Greco – al freddo calcolo utilitaristico di una holding che pensa solo a distribuire gli utili ai propri azionisti e il cui fine ultimo è solo quello di ridurre lo stabilimento di Gela ad un deposito costiero. Bisogna chiedere con urgenza che si apra un tavolo nazionale e regionale, anche perché l’Eni è una società a partecipazione statale e non se ne può lavare le mani così. È inaccettabile un comportamento di tal genere, nonostante l’impegno preso da parte dei sindacati di ridurre le maestranze, e a fronte di annunciati finanziamenti per 700 milioni di euro di cui non abbiamo fin’ora visto un centesimo. Ora basta, l’Eni deve imparare a rispettare i patti, mi risulta che dei cinque stabilimenti di raffinazione presenti in Italia, tra cui c’è quello di Gela, solo uno, quello di Sannazzaro, rimarrà produttivo”.
Domani a Roma è previsto l’incontro tra i vertici Eni e i sindacati nazionali dei chimici da cui dovrebbe venir fuori il destino anche dello stabilimento di Gela. I sindacati temono però che non sarà una riconversione ma una chiusura.
Lunedì 7 luglio 2014
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